Zio Pino
“Uè Busti e foglie chi dicisi? Chi ngi nascisti vivu!!!” Questo era il suo modo di salutarmi quando avevo il piacere d’incontrarlo. In qualsiasi luogo e in qualsiasi contesto. Ho sempre ritenuto gli facesse piacere vedermi e lo stesso valeva per me anche se, appena dopo i convenevoli, con quelle sue manine delicate cercava di strapazzarti sorridendo. Il perché mi salutasse così risale ai miei ricordi di gioventù quando, nelle assolate giornate di fine settembre, inizio ottobre, si usciva con la barca munita di “cingiorru” in formato ridotto per andare a pesca di riccioline o pisci ‘mbambiri (pesci d’ombra). Sicuramente l’equipaggio al comando d’’a Pisciarella, e come marinai per caso io e Pinuccio, non avrebbe disdegnato catturare qualche altro branco di pesci (senza fa nomi scurmitelli) anche se l’obiettivo primario erano le ricciole in quanto più pregiate e, soprattutto, molto più remunerative: argomento questo molto sensibile per il comandante. Alla mia collezione di “imbarchi”, sollecitati e spesso concessi per togliermi dalle palle : dopo Zù monico, Cilarduzzo, Beniamino e ‘u Vaccaru mancava ‘a Pisciarella. Cercavo di non farmi mancare niente, specie cazziate terrificanti cui era vietatissimo ribattere o mostrare insofferenza se non a rischio di sbarco immediato. Bastava poco per incorrere negli improperi del comandante: un ordine non recepito all’istante o male interpretato; una manovra non eseguita correttamente, qualsiasi cosa insomma che ostacolasse il fine della battuta di pesca: la cattura di tutto il pesce possibile per il sostentamento della famiglia.
Questo tipo di pesca era prevalentemente praticato con mare calmo e nelle ore centrali della giornata, perché i branchi si trovavano sotto i detriti (cassette, rami buste di plastica, da cui il “soprannome”) che stazionavano nelle correnti superficiali (capi d’acqua). La battuta di pesca si svolgeva sempre alla ricerca di queste correnti superficiali e, una volta individuate, si percorrevano a mo’ di strada alla spasmodica ricerca di qualcosa che potesse generare ombra. Quel giorno dopo qualche ora di navigazione, al largo di Castrocucco ci imbattemmo in un ramo d’albero sotto il quale, avvicinandoci, notammo qualche quintale di riccioline da porzione. Mentre ‘a Pisciarella, come suo solito, alla vista del possibile bottino cominciava ad agitarsi e a metterti ansia, a me e a Pinuccio venne la cattivissima idea di accendere una sigaretta. “propriu mò v’avesa mitti a fumà la fissa di li mammi vosti!!!!” tuonò Pisciarella con tono di voce “leggermente” alterato. A cala finita e a pesce catturato il comandante si calmò dicendo : “mò putesi fumà”. Ricordo nitidamente e sempre con grande piacere, questa uscita in mare che con zio Pino quando ci incontravamo, spesso ci raccontavamo per rinverdire i ricordi di un mare, una pesca, di marinai: di “’nu Munnu ca non ngè cchiù”.
Nu Munnu fatto di galantuomini scuriti dal sole, avvezzi al rimprovero ma con un cuore caldo e accogliente